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Incredibile ! Non pensavo ….

Incredibile ! Non pensavo ….

Buongiorno a tutti ! In questo articolo voglio condividere una una scoperta che mi ha emozionato e stupito tantissimo ! A dir il vero la letteratura già lo dimostrava, però non immaginate la soddisfazione che ho provato quando mi sono dato conferma !

Analizzando lo stesso paziente con telecamera ad alta velocità, ho valutato la corsa prima con scarpa protettiva e poi con scarpa Five Finger (è praticamente una calza con un leggero battistrada)

Tutte e due le prove sono state effettuate alla medesima velocità, ovvero 12 km/h una dopo l’altra, su Tapis Roulant Tecnogym alle ore 18. Ora veniamo alla cosa sensazionale che ho avuto conferma ! Senza suggerire nulla al paziente, ovvero senza esortare di cercare di appoggiare di avampiede, guardate cosa è successo !!

Avete notato come è cambiato totalmente l’appoggio del piede ? Ancora adesso mi emoziono mentre sto scrivendo questo articolo ! Siamo passati da un vero e proprio attacco al suolo con il tallone ad un appoggio di completo avampiede, neanche di mesopiede ! Ho cercato di sincronizzare quasi perfettamente i due fotogrammi, per avere un paragone efficacie.

E sapete come è avvenuto ciò ? Senza esortare il paziente a farlo ?

Semplicemente perchè inconsciamente si ha paura di atterrare di tallone e sentire dolore !

Vi siete stupiti anche voi ? Alla luce di questa scoperta (per noi, perchè come ho detto altri prima di noi lo hanno dimostrato) potrebbe essere utile, ogni tanto, in una pista di Atletica, provare correre, a piedi nudi. Questo soprattutto per podisti che atterrano di tallone e vogliono spostarlo verso un appoggio di mesopiede. Teniamo conto che tra un appoggio di vero tallone ed uno di mesopiede, ci sono tante sfumature. Questo esercizio  per rendersi conto della differenza e cercare quindi consciamente quando poi si riutilizzano le scarpe, di migliore il nostro appoggio.

Sappiamo che esiste un movimento chiamato Barefoot dove si corre a piedi nudi. Personalmente non mi sento di esprimere giudizi a riguardo, non ho competenze così importanti, personalmente io troverei difficoltà a farlo, ma non escludo che abbia anche tanti vantaggi.

La letteratura ci dice che un appoggio importante di tallone, crea sollecitazioni più importanti rispetto ad un appoggio di mesopiede, ma lo vedremo più dettagliatamente in un’ altro articolo !

Alla prossimo articolo e davvero grazie per avermi seguito !

Fabio Pungitore.

 

 

 

Sei un Pronatore o un Supinatore ?

Sei un Pronatore o un Supinatore ?

Vuoi davvero sapere se sei un pronatore o un supinatore ? Come dice il buon Aranzulla, sei nel posto giusto !!! Vediamo insieme di capire le differenze.

Premettiamo che non è semplice capirlo, ma con un pò di tempo ed impegno ci riusciremo, seguitemi con pazienza ! Come avevo già detto nell’ articolo “Saper scegliere la scarpa giusta” diffidate di chi guardandovi da dietro, in soli 5 secondi vi darà la sentenza “sei un pronatore”. Ormai siete schedati …Scherzo ovviamente !

Vista posteriore del piede di mio figlio di 6 anni. Tendenzialmente un Retropiede Valgo si  tende a definirlo Pronato, e spesso in anche in dinamica, tende a pronare.

Vista Posteriore di Retropiede Varo. In questa situazione, definiamo piede Supinato. In dinamica, però, al contrario del primo piede che spesso porta alla pronazione, questo piede in dinamica, può comportarsi sia come supinato che pronato ! Vorreste dirmi “Fabio che cosa stai dicendo ?” . Mi spiego meglio, Ho appreso dalla mia attività di fisioterapista, analizzando diversi corridori con telecamera ad altissima velocità, che, molti corridori, apparentemente sembrano avere un piede supinato. Ovvero il primo contatto al suolo è in supinazione, ma in una seconda fase, passa velocemente in pronazione.

Consideriamo che in normalità un certo grado di pronazione è fisiologica .

Quindi è molto importante valutare quanto il piede, dopo l’appoggio sulla parte laterale, vada successivamente in pronazione. Può diventare un problema quando, sia il grado di pronazione che la velocità superano certi valori .

Il disegno raffigura la prima fase dell’ appoggio sul bordo laterale, la seconda fase, invece il piede subito dopo, va in pronazione.  Il grado di pronazione si misura in gradi, mentre la velocità in gradi al secondo (°/sec). Alcuni studi stanno tentando di dimostrare come una alta velocità di pronazione, può portare ad un alto rischio di lesioni.

Ora ti stai chiedendo ” ma Fabio, come faccio a sapere che grado di pronazione e con che velocità  prono?” Hai ragione, non è scontato poterlo misurare, bisogna valutarlo con telecamera al altissima velocità e con sistemi sofisticati. Noi oggi ci occupiamo di alcuni metodi veloci per cercare di capirlo, e di conseguenza saper scegliere il tipo di scarpa .

Si stima che i veri supinatori siano pochi, ecco spiegato perchè in commercio si fa fatica a trovare una scarpa che limita l’ ipersupinazione. Quindi il vero quesito è cercare di scoprire se ho un appoggio neutro o pronato, e di conseguenza sapersi orientare nella scelta della scarpa giusta.

Un buon metodo è quello di valutare la propria impronta podalica, ecco come fare :

  • Prendere un recipiente della lunghezza del nostro piede
  • Riempire di acqua per soli 2-3 mm
  • Recuperare un cartoncino colorato o anche un sacchetto per il pane
  • Bagnare il nostro piede nell’acqua, far cadere eventuali gocce d’acqua
  • Dopo che il piede sia bagnato ma non gocciolante, appoggiarlo al suolo sul cartoncino
  • Fare lo stesso con l’altro piede o se il cartoncino lo permette, fare l’operazione in contemporanea con i due piedi
  • Valutare poi l’ impronta umida lasciata una volta tolti i piedi.

E’ importante distribuire il carico equamente, per non sfalsare l’impronta.

Tendenzialmente, dico tendenzialmente, una impronta piatta, può indicare un piede che tende a pronare, una impronta neutra può indicare che è un piede che può accettare una scarpa neutra.

Un altro metodo valido, sempre empirico, è quello di osservare il consumo del battistrada delle nostre scarpe, farò a breve un articolo più dettagliato su questo aspetto.

Immagine

Secondo la mia esperienza, nel dubbio, ovvero se non siamo certi di essere nella categoria dei pronatori, opterei per una scarpa neutra, perchè una scarpa antipronazione in un piede con appoggio neutro può creare diversi problemi !!! E vi assicuro che ne ho visti tanti !

Grazie per avermi seguito, spero di essere stato chiaro, ci vediamo al prossimo articolo !

 

 

 

Infortunio nella corsa, perché ?

Infortunio nella corsa, perché ?

Prima di tutto che cosa intendiamo per infortunio ? L’infortunio è uguale per tutti ? Quali sono gli infortuni più frequenti del

corridore ?

Bene proviamo a dare qualche risposta !

Possiamo definire l’ infortunio come una situazione, in cui un evento acuto o un susseguirsi di eventi, crea problematiche in cui non è più possibile, o è possibile in maniera minore, esprimere la massima performance. Per massima performance, intendo quella che si poteva esprimere in assenza dell’ infortunio.

Gli infortuni possono essere tanti e possono riguardare diverse strutture del nostro corpo. Non conosco corridore che almeno una volta nella loro vita non si sia infortunato, ed abbia dovuto interrompere la sua attività sportiva, o per lo meno diminuirla. Diciamo che è molto più frequente sentire atleti che abbiano avuto più di uno nella loro carriera di atleta o amatore.

Distinguerei due tipi di infortunio, il primo che costringe l’atleta a dover solo rallentare il ritmo degli allenamenti, ed il secondo che obbliga a fermarsi dall’attività.

Bisogna chiarire che subentra molta soggettività nel percepire l’ infortunio. Mi spiego meglio: a parte situazioni in cui l’impotenza funzionale è talmente evidente da fermare chiunque, ci sono tantissime situazioni in cui ogni singolo atleta percepisce in maniera soggettiva il problema fisico. Ho visto persone che nonostante il forte dolore, in alcuni casi addirittura zoppia, hanno continuato come eroi a proseguire allenamenti e gare. Altri invece che con lievissimi disturbi, quasi impercettibili, si fermano dalla loro attività fisica !

Possiamo ancora distinguere in infortuni derivati dalla corsa e in altri invece dovuti da altre cause: come il lavoro, altri sport e da cause non legate al movimento che generano secondariamente problematiche muscolo-scheletriche. Mi viene in mente come una una forte tosse da bronchite,  possa generare dolori intercostali tali da disturbare la normale attività di corsa e la vita quotidiana. Oppure un autista di pullman, che preme tutto il giorno il piede sui pedali, può sviluppare una tendinite. 

Prima di parlare di alcuni motivi per cui si può creare un problema fisico, dobbiamo spendere due righe riguardo al dolore. E’ il segnale principale che il nostro corpo usa per dirci che c’è qualcosa che non va. Non è sempre facile distinguere un semplice fastidio da un dolore, come detto prima gioca la soggettività ovvero la nostra personale soglia del dolore. Tuttavia, è bene non focalizzarsi solo nel fare andare via il dolore. Perchè il dolore è un segnale che una struttura sta soffrendo, e noi dobbiamo capire quale e perchè sta soffrendo. Quindi attenzione a non fare troppo uso di antidolorifici. Mi piace moltissimo la metafora della spia dell’ olio della nostra autovettura. Se si accende, un motivo c’è, e non ha senso nascondere la spia così da non vederla più. Risultato, possiamo fondere il motore.

Secondo Taunton e Ryan 2002 le 9 patologie più frequenti nei Runner sono:

  1. Sindrome femoro-rotulea 16,5 %
  2. Sindrome bandelletta ileo-tibiale 8,40 %
  3. Fascite plantare 7,80 %
  4. Sindrome da stress tibiale 4,94 %
  5. Tendinite rotulea 4,80 %
  6. Tendinite achillea 4,80 %
  7. Medio gluteo e piriforme 3,50 %
  8. Frattura stress tibia 3,30 %
  9. Infortunio ischio-crurali 2,39 %

Ma perchè ci si infortuna ? Finalmente parliamo delle cause principali degli infortuni ! E’ difficile stilare una priorità, quindi mi limito a discuterli in ordine causale.

È stato ipotizzato più di 100 anni fa che il tessuto biologico si adatta al livello di stress a cui è sottoposto. Le ripetute sollecitazioni applicate che sono al di sotto del limite di tensione (fisiologica) di una struttura portano a una ristrutturazione positiva se viene fornito il tempo sufficiente tra le applicazioni di sollecitazione e riposo, mentre un tempo inadeguato tra le applicazioni di sollecitazione e riposo, si può tradurre in un infortunio da overuse. da: Medicine & Science in Sport & Exercise. A. Hreljac 2004. vedi articolo nella sezione Articoli Scientifici.

  • Nella mia pratica di atleta prima, e fisioterapista dopo, ho notato che la maggior parte degli atleti dopo una gara intensa, dove hanno messo al limite il proprio sistema, recuperano poco. Non lasciano passare il tempo necessario prima di effettuare un’ altra gara o un allenamento intenso.  Tutte le volte che si spinge il nostro corpo al limite o quasi, si creano delle microlesioni a tendini, muscoli e in taluni casi osso. Per cui è di fondamentale importanza lasciare che i nostri normali processi di rigenerazione, ripristino le microlesioni generatosi. Consiglio quindi dopo una impegnatissima gara, di corricchiare a bassissima intensità ed in alcuni casi di prendersi una settimana di fermo .

  • Durante la fase di preparazione ad una gara, spesso si sbaglia l’alternanza di recupero ed allenamento, quasi sempre è il recupero ad essere insufficiente, e per il fenomeno discusso precedentemente, spesso si genera l’infortunio. Beffati così due volte: una volta perché ci si è fatti male e l’altra perché non possiamo partecipare alla nostra gara !

  • Calzature sbagliate. In tantissime persone ho dovuto constatare che la causa è stata la scarpa. Metterei al primo posto la scarpa antipronazione in chi non ne aveva bisogno. Ho riscontrato dolori alla parte mediale del ginocchio ( purtroppo in alcuni casi meniscosi mediale), fasciti plantari. Anche scarpe minimali con ridotto dislivello tra avampiede e retropiede (basso DROP) ho notato far insorgere tendiniti achillei. Conchiglia non idonea per alcuni tipi di retropiede, possono far insorgere dolore posteriore di calcagno. Spesso è il  passaggio repentino da scarpa protettiva a scarpa minimale a creare dei problemi, quindi mi raccomando, fate un passaggio molto graduale.

  • Assistiamo ad un boom inaspettato e veloce di corsa in montagna, denominate Trail ! Ancora oggi mi stupisco di chi corre regolarmente queste corse è non lamenta infortuni ! Ma direi che sono tanti coloro che a seguito di queste competizioni si è fatto male. Quando va bene sono problematiche che si risolvono con il riposo e una cura idonea, ma purtroppo mi capita di sentire persone che hanno dovuto smettere di correre per problemi non curabili. Lo so, la tentazione è forte, e sono gare molto belle, però dico io molta attenzione !

  • Molti infortuni sono generati da esercitazioni di preparazione fisica alla corsa. Mi viene in mente corsa balzata, sprint in salita, esercizi pliometrici. Ogni volta che si inseriscono esercitazioni nuove, mi raccomando gradualità, sia di volume che di intensità ! La preparazione fisica è un ottimo compendio per la corsa, ma con cognizione.

  • Alimentazione ! Oggi se ne parla molto, sono arrivate tendenze nuove, anche molto interessanti, però attenzione agli estremismi. Buon senso prima di tutto ! Il nostro corpo, specialmente quando lo si spinge molto in la, ha bisogno di tutti i nutrienti per ristabilire il dispendio creato dall’attività. Il muscolo ha bisogno di proteine e carboidrati, l’ osso di sali minerali.

  • Vi può sembrare strano, però fate mente locale, a qualcuno sarà capitato di infortunarsi a seguito di periodi di forte stress mentale. Senza andare nello specifico della fisiologia del perché ciò avvenga, oggi è sempre più accettata questa convinzione, per cui, gestiamo lo stress, impariamo a canalizzarlo. Ma prima di tutto bisogna diventare consapevoli di quando attraversiamo momenti di forte stress. Consapevolezza è la prima cosa da ricercare, poi si troveranno le strategie personali per non essere troppo vittime di questo subdolo problema.

  • Superfici di allenamento e percorsi con tante discese, possono predisporre ad infortunio. Correre in un bosco è fantastico, però siamo d’accordo che in un percorso accidentato, sia più facile scivolare, prendere distorsione di caviglia. Guardiamo, assaporiamo la natura del bosco, però sempre concentrati a sul terreno ed il nostro appoggio. Le discese, sono più traumatiche delle salite, in quanto l’impatto del nostro piede al suolo è piò importante. Bisogna saper correre in discesa, paradossalmente più si tenta di frenare la nostra velocità, più pericoloso è ! Mentre è meglio lasciarsi andare, assecondare la discesa.

 

  • Per chi comincia a correre, è importantissimo nella fase iniziale, non allenarsi tutti i giorni. Almeno un giorno o due di recupero tra un allenamento e l’altro. Perchè se non abbiamo mai corso, le nostre strutture si devono adattare a questo nuovo tipo di stress. Non cadiamo nell’ errore di pensare che pur arrivando da altri sport, il nostro corpo sia capace di adattarsi così velocemente. Ovviamente vale anche per l’ intensità di allenamento, più graduali siamo più gli adattamenti saranno ottimali e fisiologici.

 

  • Dopo una convalescenza da influenza, virale o batterica che sia, attenzione al ritorno alla corsa, perchè il nostro corpo può trovarsi in una situazione di debilitazione, quindi per almeno 10 giorni, non premiamo sull’acceleratore. Gradualità, dimentichiamo per per un pò i ritmi di allenamento che sostenevamo prima della nostra convalescenza. Non vi preoccupate, se avevate lavorato bene, di sicuro avete una buona base, basterà poco per ritornare al livello precedente.

Cari amici, ancora grazie per avermi dedicato il vostro tempo, al prossimo articolo !

Fabio Pungitore.

La Fascite Plantare, questo subdolo problema!

La Fascite Plantare, questo subdolo problema!

In questo articolo parliamo della fascite plantare, un problema non grave, ma subdolo ed insidioso! Perché subdolo? Perché spesso nasce in sordina, ma con il passare del tempo diventa sempre più fastidioso, fino ad arrivare anche, in alcuni casi, ad impedire la normale deambulazione. Per un un atleta può significare l’interruzione degli allenamenti e delle gare! Fra tutti gli infortuni del piede, questa è la problematica più diffusa.
Dal punto di vista anatomico la fascia plantare è una una spessa aponeuresi situata sotto il piede, che va dal calcagno alle teste metatarsali, la sua funzione principale è quella di favorire la corretta volta plantare.

Il sintomo più comune è il dolore al calcagno quando, al mattino, scendendo dal letto si appoggia il piede a terra o, dopo essere stati seduti a lungo, ci si alza; spesso il dolore si riduce dopo qualche passo. Tale situazione si può verificare anche nella corsa, il dolore è presente all’inizio e diminuisce quando i tessuti, con il movimento, si  scaldano. Nei casi più gravi il dolore può disturbare anche a riposo ed estendersi anche in altre regioni del piede.

Le cause dell’infiammazione della fascia plantare possono essere sia sollecitazioni anomale che fattori predisponenti:

  • Incremento rapido di intensità e frequenza di allenamento
  • Scarpe non adatte o troppo usurate, scarpe antinfortunistiche non idonee, scarpe da corsa troppo morbide.
  • Scarpe con poco dislivello tra avampiede e retropiede
  • Lavori protratti per lungo tempo
  • Arco plantare troppo alto
  • Piede iperpronato
  • Dismetrie di arto (gamba più corta)
  • Limitata dorsiflessione del piede
  • Limitato dorsiflessione dell’alluce

In alcuni casi, nelle radiografie si nota uno sperone calcaneare, ovvero un accrescimento osseo, anche detto “spina calcaneare”, che si forma in risposta alle troppe sollecitazioni della fascia sull’ inserzione del calcagno. Nella mia esperienza, ho notato pazienti con importanti speroni, ma senza dolenzia, ed altri con forti dolori ma senza speroni. Tuttavia solo nel 3% delle fasciti è compresente uno sperone calcaneare mentre nel 15 % dei pazienti asintomatici si riscontra l’accrescimento osseo. Si suppone che il dolore sia comunque il tessuto molle infiammato e non la calcificazione.
Purtroppo, a differenza di problemi alla mano o alla spalla dove, quando si avverte dolore, si riduce il movimento o si immobilizza la zona per un po’ di tempo con un tutore, il piede è sempre soggetto a sollecitazioni dovute al peso del nostro corpo durante la camminata o semplicemente stando in piedi.

Ecco le tappe o fasi da seguire:

1. autotrattamento
2. trattamento fisioterapico
3. onde d’urto (su suggerimento medico)
4. trattamenti medici (infiltrazioni) ed in ultima analisi, quando le precedenti tappe non hanno portato al risultato sperato, l’intervento chirurgico.

In questo articolo tratteremo i primi due punti che sono di mia competenza come fisioterapista

AUTOTRATTAMENTO

  • Utilizzare scarpe con un discreto dislivello tra avampiede e retropiede, detto anche DROP. DROP molto piccoli creano più sollecitazioni.
  • Trai podisti è sempre più frequente passare da una scarpa di tipo protettivo ad una minimale, ma è fondamentale fare un passaggio molto graduale.
  • Evitare, nella fase dolorosa, di camminare scalzi, perché la fascia è più sollecitata.
  • Diminuire le sollecitazioni, evitare di stare troppo tempo in piedi o camminare per lunghi tratti, evitare le scale quando si può prendere l’ascensore. Se parliamo di atleti, sospendere momentaneamente l’attività fisica.
  • Se dolore è molto forte, utilizzare una o due stampelle.
  • Applicazioni locali di ghiaccio nella fase acuta.
  • Recuperare una pallina da tennis o un mattarello, e alla sera far rotolare l’oggetto nella zona dell’inserzione della fascia. Per 5 minuti, far riposare 5 minuti, e ripetere altri 5 minuti di esercizio
  • Se si riesce, con i due pollici delle mani, eseguire una massaggio profondo, anche se doloroso, per 10 minuti, ogni sera.
  • Allungamento della muscolatura posteriore della gamba (tricipite surale), 40 secondi, un po’ di riposo, ripetere per 3-4 volte.
  • Eventuali talloniere di materiale siliconico, da inserire nella scarpa, che alzano di poco il tallone con funzione di scarico della fascia.
  • Applicare FANS per uso topico, chiedendo quale farmaco utilizzare al proprio medico o al farmacista di fiducia.
  • Per gli atleti, in particolare i podisti, valutare se la scarpa sia idonea, spesso è la scarpa a creare il problema. Scarpa antipronazione quando non necessaria, scarpa minimale quando non necessaria.

TRATTAMENTO FISIOTERAPICO

 

Quando l’autotrattamento non ha portato a risultati sperati, rivolgersi al proprio medico, o ad uno specialista medico, che valuterà se suggerire l’eventuale trattamento fisioterapico, consigliando un fisioterapista con esperienza, che mediante tecniche manuali, stretching, ed eventuale terapia fisica approccerà il problema secondo l’individualità del problema e del paziente.

Se queste prime due tappe non hanno ancora portato alla risoluzione del problema, sarà quindi il medico a decidere quale strategie consigliare o attuare.

Mi sento di rassicurare i lettori che, nonostante la fascite plantare possa essere un problema invalidante e subdolo e, in alcuni casi, lungo da risolvere, non bisogna darsi per vinti,  seguendo le tappe suggerite, quasi tutti arriveranno alla risoluzione del problema. Un caro saluto a tutti voi, vi aspetto al prossimo articolo !

Bibliografia:
Traumatologia dello sport, L.Peterson-P.Renstron, UTET edizioni.
L’esercizio fisico come terapia negli infortuni muscolo-scheletrci, Vol 2, Calzetti e Mariucci.
Biomeccanca dello sport, A. Blazevich, Calzetti e Mariucci.

Fabio Pungitore – Fisioterapista – fabio.pungitore@alice.it